“Blue Jasmine” di Woody Allen. La forza della parola

 Il mondo di Jasmine (Cate Blanchett) si è sgretolato ed è caduto in rovina. Parlare diventerà per la protagonista l’unico modo per non soccombere sotto le macerie della colpa.

In Blue Jasmine, Woody Allen delinea un’eroina tragica alla ricerca di un’ identità perduta. Il mondo di Jasmine si è sgretolato e lei ne raccoglie i pezzi; pezzi che la protagonista cerca di rimettere insieme per ricostruire il suo “castello” fantastico e ideale, salvo poi scoprire che il suo castello si regge sulle fondamenta illusorie di un nome che non è il suo, di un’esistenza che ha perso significato e forse di una colpa. L’unico modo per ritrovare senso e incollare i pezzi della sua esistenza è parlare, poco importa chi ha davanti, per reggere il crollo va bene parlare anche “da sola”.

Vediamone adesso una clip in cui si evince la dinamica psichica del personaggio brillantemente interpretato da Cate Blanchett.
“Ho sempre voluto fare qualcosa nella vita, avevo tante energie” così inizia questa clip tragicomica in cui Jasmine si confessa davanti ai suoi nipoti. Ecco fare l’apparizione sulla scena il desiderio che muove Jasmine ed insieme il suo “nodo”: il suo desiderio è vago e generico – “fare qualcosa”-, tanto  da passare in secondo piano rispetto all’avere tante energie a disposizione. Il conflitto centrale sarà l’affermazione di Sè.

Tuttavia il suo slancio vitale e personale non viene indirizzato e non trova aderenza nella realtà. La soluzione che troverà sarà impadronirsi di un’identità non sua, vivere una vita che non le appartiene realmente con un nome che non è il suo.

 L’ironia della scena è data dall’incoerenza tra il comportamento della protagonista e il linguaggio usato con il dato di realtà (si trova in un pub in compagnia dei nipoti).

Buona visione.

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